congedi retribuiti (fino ai due anni) concessi ai lavoratori che assistono un
familiare con grave disabilità (in possesso di verbale di handicap grave ex art.
3 comma 3 della Legge 104/1992).
I congedi retribuiti
biennali sono stati inizialmente introdotti dalla Legge 388/2000 (articolo 80,
comma 2, poi ripreso dall’articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 26 marzo
2001, n. 151) che ha integrato le disposizioni previste dalla Legge 53/2000
introducendo l'opportunità, per i genitori di persone con handicap grave, di
usufruire di due anni di congedo retribuito. Medesima opportunità veniva
offerta ai lavoratori conviventi con il fratello o sorella con handicap grave a
condizione che entrambi i genitori fossero “scomparsi”.
Dopo, la Corte Costituzionale ha riconosciuto varie eccezioni di legittimità costituzionale che hanno ampliato la platea degli aventi diritto al coniuge, ai figli conviventi.
Dopo, la Corte Costituzionale ha riconosciuto varie eccezioni di legittimità costituzionale che hanno ampliato la platea degli aventi diritto al coniuge, ai figli conviventi.
Il Decreto Legislativo
del 18 luglio 2011, n. 119 ha rivisto profondamente la disciplina dei congedi
retribuiti di ventiquattro mesi, in particolare per quanto riguarda gli aventi
diritto e le modalità di accesso all’agevolazione.
La normativa vigente non include fra i possibili beneficiari
lavoratori (nemmeno se conviventi e nemmeno nel caso siano gli unici in grado
di assistere la persona con disabilità) che abbiano una parentela o un affinità
diversa da quelle contemplate (figli, genitori, fratelli e sorelle, oltre al
coniuge).
Su tale esclusione è
stata sollevata la questione di legittimità costituzionale oggetto della
Sentenza 203/2013. Il procedimento era stato sollevato originariamente per il
caso di un nipote (affine di terzo grado in via collaterale) convivente con la
persona con disabilità, unico in grado di prestare assistenza.
A sollevare la
questione di legittimità costituzionale, in modo compiuto e articolato, è il
Tribunale Amministrativo Regionale di Reggio Calabria, richiamando vari
articoli della Costituzione.
Secondo il TAR
calabrese l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei
soggetti legittimati a fruire del congedo, in mancanza di altre persone idonee
ad occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost.,
“poiché la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano
insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per rendere
possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna”.
Altra violazione vi
sarebbe dell’art. 2 della Costituzione, in quanto esso, nel richiedere il
rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a
disposizione di misure che consentano l’adempimento dei medesimi. Violerebbe
anche l’art. 29 Cost., “poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di
tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in
rapporto di parentela con la persona affetta da patologie.”
Altra interessante
contestazione: la violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., inteso come
espressione del principio di sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata
degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la
famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il
benessere della persona e l’assistenza sociale».
Secondo il TAR
l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, “fissando
in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del
congedo straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica
nella quale, a parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo
anche la famiglia.”
Inoltre appaiono
violati anche gli articoli 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per
poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria
attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa,
maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine, il TAR rileva
anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di fronte ad una posizione
sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli
altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della
salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione
della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori
ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».
Quindi, la Corte
accoglie le questioni sollevate dal TAR, aggiungendo alcune considerazioni qui
di seguito riportate:
Afferma la Corte: “il
congedo straordinario di cui si discute, benché fosse originariamente concepito
come strumento di tutela rafforzata della maternità in caso di figli portatori
di handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla
tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita il titolo
del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più ampia. La progressiva
estensione del complesso dei soggetti aventi titolo a richiedere il congedo,
operata soprattutto da questa Corte, ne ha dilatato l’ambito di applicazione
oltre i rapporti genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e
genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra coniugi o tra
fratelli.”
Prosegue: “al fine di
adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla
crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro, dai cambiamenti
demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse
illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono
verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a
malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del
tempo. Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap,
vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in
ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi
costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio
dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).”
E infine: “nella sua
formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui all’art. 42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per l’assistenza delle persone
portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento di politica
socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai
congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà
interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza
primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.”
Pertanto, la Corte
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non include nel novero
dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi
stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di
mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti
individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona
in situazione di disabilità grave.